La Packaging Valley è leader mondiale nell’automazione meccanica
Con il termine Packaging Valley intendiamo quell’area geografica – che oggi si estende dalla Romagna occidentale al mantovano – che ospita uno dei più grandi distretti di automazione meccanica al mondo.
Il dato eccezionale, che ci viene dalle statistiche e dalle ricerche economiche, è che circa il 90% delle macchine automatiche prodotte nel distretto vengono vendute fuori dall’Italia, in oltre 150 paesi: dal Giappone al Canada, dal Sudafrica alla Cina.
Ma che cos’è il packaging e perché ha trovato terreno fertile proprio a Bologna e nei territori limitrofi?
Ne parliamo insieme ad Alessio Zoeddu del Museo del Patrimonio Industriale di Bologna in questa nuova puntata di Fabbrichiamo il Futuro – il Podcast.
Che cos’è il packaging?
In italiano potremmo tradurre “packaging” con la parola confezionamento; questo termine nasconde però molti altri significati.
Prima di tutto il confezionamento ha la capacità di aumentare la durata e la validità di un prodotto. Il tubetto, la scatola o il blister e il barattolo non solo accrescono il valore di quello che consumiamo ma lo rendono anche più appetibile e attraente.
L’imballaggio è poi in grado di facilitare la logistica, il trasporto e la distribuzione dei prodotti.
Un packaging ben progettato cattura infine l’attenzione dei consumatori. Con i suoi colori, il design e le immagini ha il potere di suscitare interesse e curiosità, spingendo le persone a prendere in considerazione un prodotto che – privo di quelle caratteristiche estetiche – non avrebbero mai considerato.
Quando e dove nasce il packaging?
Nei sontuosi padiglioni dell’esposizione universale di Parigi del 1867 i visitatori si fermano meravigliati davanti a una macchina americana, straordinaria e mai vista prima: un’apparecchiatura che confeziona la cioccolata.
Tra le tante operazioni che compie, questa attrezzatura è in grado di sollevare, alzare, pesare la tavoletta e incartarla con diverse piegature prima di saldarne l’involucro con della cera.
Un cronista dell’epoca esprime tutto il suo stupore scrivendo che “sembra umana e – a differenza dell’uomo – non sbaglia mai un colpo!”
Tuttavia, nonostante questi esordi promettenti, i primi prodotti confezionati vengono accolti tiepidamente dai consumatori – abituati da sempre a vedere il prodotto – e che diffidano, preoccupati, di non poter controllare visivamente la qualità del loro acquisto.
Perché la packaging valley fa capo a Bologna?
Bologna ha una lunga tradizione manifatturiera che risale addirittura all’epoca preindustriale.
Per comprenderne le origini dobbiamo tornate indietro al XVI e al XVII secolo quando in città si sviluppa una cultura meccanica aggiornatissima legata alla lavorazione della seta e alla meccanizzazione di alcuni processi produttivi all’interno di quegli enormi edifici che sono i mulini da seta cosiddetti “alla bolognese”, di cui abbiamo parlato nel primo episodio del nostro podcast.
Più tardi nel XIX secolo bisogna invece fare riferimento, nel contesto della produzione alimentare, a un’altra industria legata al packaging: quella della produzione di salumi e mortadelle.
Se, infatti, per molti secoli, la mortadella si era consumata solo stagionalmente per via delle difficoltà di conservazione, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, grazie all’intraprendenza di alcuni geniali salsamentari, comincia a essere confezionata in scatole di latta contenenti grosse fette di mortadella da 250 a 500 grammi.
I bolognesi diventano maestri in questo campo, arrivando a produrre 2 milioni di scatolette all’anno in gran parte esportate all’estero: Americhe, Europa e le ex colonie Libia, Somalia e Dodecanneso.
Nello stesso periodo è attiva un’importante impresa statale: quella della Manifattura dei tabacchi in via Riva di Reno che richiede macchinari complessi per la produzione di sigarette.
Quando nasce la prima impresa di packaging a Bologna?
Occorre attendere il 1924 per la fondazione della prima azienda di packaging bolognese, la A.C.M.A.: Anonima Costruzioni Macchine Automatiche.
La A.C.M.A. nasce dall’esigenza di meccanizzare il confezionamento dell’ idrolitina prodotta negli stabilimenti farmaceutici del cavaliere Arturo Gazzoni.
L’idrolitina è una miscela di varie polveri da tavola che va sciolta in acqua all’interno di una bottiglia per renderla frizzante e più gradevole di gusto e che, prima della A.C.M.A veniva venduta in bustine dosate e poi confezionate manualmente.
Grazie alla macchina 713 questi processi vengono però abilmente meccanizzati, arrivando a produrre 2700 bustine l’ora.
Un macchinario che, in poco tempo, è diventato il tratto distintivo dell’A.C.M.A. tanto che alla fine degli anni Trenta i dépliant prodotti in azienda, presentavano pubblicità in più lingue – inglese, francese, tedesco e spagnolo – e la ditta aveva già una rete di vendita verso tutti i paesi industrializzati d’Europa e degli Stati Uniti d’America.
E poi? Cos’è accaduto dopo?
Parliamo di questo e di molto altro nel nuovo episodio del nostro podcast.