Storie di imprenditori bolognesi
All’interno del Museo del Patrimonio Industrale di Bologna si trova una sezione espositiva dedicata alle macchine per il confezionamento, la dosatura e l’imballaggio con esempi di produzione bolognese degli anni 1940-1970.
La chiave di accesso a questo ambito produttivo scelta dal Museo è stata l’indagine biografica dei protagonisti: storie di imprenditori, testimonianze dei diretti interessati, di collaboratori, colleghi e familiari.
Il risultato è stato stupefacente: dalle interviste non sono emersi infatti aspetti tecnici ma successi e problematiche sociali quali la precarietà, la necessità di trovare un mestiere, l’incontro con i nuovi prodotti introdotti dagli americani, i primi supermercati e l’avventura di intraprendere una produzione senza avere la certezza della sua vendita.
Dalla diffidenza alla consapevolezza
Inizialmente, la diffidenza ha condizionato la ricerca: sembrava incredibile che un museo si interessasse a storie di imprenditori, a vicende di meccanici e tecnici e le considerasse non storie private ma parte importante della crescita di tutto un territorio.
Gradualmente, il lavoro in comune ha sciolto i preconcetti: nei protagonisti del comparto è cresciuta la consapevolezza che il fatto industriale è un elemento significativo della cultura di una comunità.
Le piccole innovazioni – che spesso sono all’origine di nuove aziende conservate gelosamente per decenni e ignorate dai grandi trattati tecnologici – sono quindi emerse in tutta la loro importanza: dalla la ruota a “zeta” brevettata da Bruto Carpigiani applicata alla ACMA 749 al dosatore Corazza per dadi da brodo.
Storie di imprenditori: Natalino Corazza
Natalino Corazza entra alla ACMA nel 1936 all’età di 18 anni come meccanico, dopo aver frequentato le scuole di avviamento e i corsi serali dell’Aldini Valeriani.
Nel 1948 lascia l’azienda per iniziare un’attività autonoma come riparatore e 5 anni più tardi fonda una sua impresa insieme alla moglie, Maria Toschi Corazza, che ne coordina il settore vendite.
Nel 1974, alla morte del marito, Maria Corazza assume la direzione complessiva dell’azienda – poi proseguita con la collaborazione della figlia Valeria sino al 1996 – ed è proprio lei a raccontare in un’intervista l’origine del successo della Corazza.
È il 1956 e a Natalino viene proposto un affare: acquistare tre macchine usate che confezionano formaggio fuso da sistemare. La proposta viene da un rappresentante che però vuole essere pagato in contanti.
La trattativa non viene conclusa perché i Corazza non hanno la cifra richiesta di un milione e mezzo in contanti e tutto sembra sfumare. Maria Foschi Corazza racconta l’accaduto, quasi per caso, al suo salumiere che, proprio in quel periodo, aveva ereditato una grossa somma di denaro e che, senza pensarci, si offre di prestarla ai Corazza.
Queste macchine, acquistate grazie al prestito del salumiere, si confermano l’inizio della fortuna di Natalino Corazza che successivamente si specializzerà nella produzione di macchine per dadi da Brodo imponendosi sul mercato internazionale, tanto da guadagnare il “titolo” di Mister Cube.
Dal 2010 la Corazza fa parte del Gruppo IMA, con un ruolo immutato di leader nella costruzione di macchine confezionatrici di dadi da brodo, formaggi fusi, burro e altri prodotti alimentari.
Parliamo di questo e di molto altro nella quinta puntata del podcast “Storie di imprenditori bolognesi” insieme a Miriam Masini, referente dei servizi educativi del Museo del Patrimonio Industriale di Bologna.