Il distretto industriale bolognese rappresenta la culla della cultura industriale italiana.
La cultura tecnica bolognese simboleggia lo spirito sognatore di una città in continua evoluzione, aperta alla convivenza di culture differenti e desiderosa di investire su un futuro ricco di opportunità.
Ma da dove nasce questa propensione alla scoperta e all’innovazione, responsabile dell’unicità del distretto industriale bolognese?
Le origini del distretto industriale bolognese
Il distretto industriale bolognese ha origini remote e inaspettate.
Intorno al XVI secolo, la città di Bologna dava lavoro a più di 20.000 persone.
All’epoca era il setificio a rappresentare il settore predominante del distretto industriale bolognese tanto che, alla fine del secolo successivo, Bologna venne definita la Città della seta.
Ma facciamo un piccolo passo indietro.
L’idea che ha portato al successo il distretto industriale bolognese
Intorno al 1200 il Comune di Bologna acquista i diritti sul canale di Reno, il cui controllo risulterà poi fondamentale per la crescita della città.
Durante questo periodo si progetta (e realizza) la costruzione di un complesso sistema idraulico artificiale. Il canale, composto da canali urbani e da chiaviche, riesce a distribuire l’acqua a rete anche a notevole distanza.
Qualche anno dopo il Comune di Bologna inizia a incoraggiare l’emigrazione di artigiani esperti, in possesso di buone capacità tecniche.
Invogliati dalle possibilità lavorative offerte dalla città, iniziano a giungere a Bologna numerosi professionisti del settore serico, generalmente lucchesi.
Inizia così lo sviluppo del florido mercato della seta, che raggiunge la sua massima prosperità grazie al suo incontro con l’elemento chiave di Bologna: l’acqua.
Il distretto industriale bolognese e la prima macchina automatica: Il mulino alla bolognese
Nel 1341 il lucchese Bolognino da Borghesano chiede al comune di Bologna l’autorizzazione di impiegare l’acqua dei canali cittadini per muovere un mulino da seta rotondo. Malgrado le difficoltà iniziali, la nuova tecnologia si diffonde rapidamente.
Per volontà del Comune di Bologna, viene conseguentemente potenziato il sistema idraulico artificiale: la fitta rete di chiaviche e condotte sotterranee inizia ad alimentare le piccole ruote dei primi mulini da seta alla bolognese.
I nuovi mulini sono impianti disposti su tre-quattro piani, in cui si affollano decide di centinaia di uomini adulti e bambini.
Il definitivo perfezionamento del mulino da seta alla bolognese avviene con l’inserimento dell’incannatoio meccanico, collegato agli organi di trasmissione del filatoio.
Questa nuova tecnologia permise di ridurre considerevolmente i tempi di produzione dei filati e migliorare la qualità del prodotto.
Lo stallo del distretto industriale bolognese: ricostruirsi a causa di un segreto non mantenuto
Il perspicace processo appena descritto rappresentava, all’epoca, un segreto da custodire gelosamente: chiunque l’avesse rivelato infatti sarebbe stato punito con la pena di morte.
Un segreto – quello del mulino alla bolognese – che non durò abbastanza, causando il declino di un mercato intero.
Conseguente alla sua dispersione infatti, il mercato tessile subì una forte battuta d’arresto.
L’impetuosa ascesa della concorrenza straniera, soprattutto quella francese (molto più attenta ai mutamenti della moda), sancì il termine di una prosperità apparentemente infinita. Il rapporto tra filo d’acqua e filo di seta si interruppe definitivamente all’inizio del XIX secolo:da quel momento rimane , a Bologna, solo il vivido ricordo di un mercato tessile florido e innovativo.
Oggi, all’interno del Museo del patrimonio Industriale di Bologna è contenuto un modello funzionante, riprodotto in scala 1:2 di mulino da seta alla bolognese.
Osservando attentamente questa riproduzione e ammirandone gli ingranaggi è possibile comprendere i meccanismi e il funzionamento di un’opera così magistrale.